prossime esposizioni alla domenica in via PO 18 Torino

CONTATTI:  MAIL  info@pipechiodo.it               

 

 

 

PRES.PDFPRES.PDF [1.201 Kb]

La Mia Storia


Il Sentiero dell’Erica Arborea
Nato a Scigliano provincia di Cosenza, il 30 Marzo 1959, Alla stazione di Celsita, “ non in attesa del treno “ mia Mamma faceva il Capostazione, anche mio Padre era ferroviere, e si occupava della manutenzione dei binari. Dietro casa “ dietro la stazione “ c’era una collina silicea, terreno acido, abitat ideale per L’erica Arborea, la collina ne era invasa, cresceva fitta al punto che non dava spazio ad altre piante di approfittare del terreno.
Per andare a scuola attraversavo un sentiero circondato di erica, accompagnato dalla Maestra di prima elementare che arrivava alla stazione con il treno delle 07,45, era una sig.ra giovane, più volte mi raccontava che con la radica dell’erica si costruivano pipe, mi raccontava che Suo nonno fumava la pipa, naturalmente concludeva che anche quella era costruita con la radiche di quell’albero, non molto alto, non più di due o tre metri. Arrivato alla quinta elementare era ormai diventato un “chiodo fisso “ parlare di erica, di pipe.

Una pipa Opera prima
A Celsita non c’erano le scuole medie, dovevo andare a Scigliano con il treno, nel tragitto dalla stazione alla scuola passavo d’avanti ad una tabaccheria, “ che allora erano negozi più che tabaccherie “ in vetrina dominava una vasta scelta di tabacchi sigarette e pipe, mi fermavo almeno 3 minuti a guardare le meraviglie esposte. Verso la fine della seconda media incominciai a disegnare pipe, forme diverse, colori diversi, disegnavo sui quaderni, sui libri di scuola, era diventata una mania, e così arrivò come per magia la prima nota, il giorno dopo accompagnato dai genitori, naturalmente con una lisciatina da parte di mio Padre, ricordo che quel giorno non mi sono fermato d’avanti alla vetrina, ma una occhiata veloce no mi era sfuggita.
Tornato a casa mia madre guardando lo stato dei libri, non ha esitato a dare la seconda mano di lisciatina. Non disegnai più sui libri, ma l’arte continuava.
Terza media, avevo 14 anni, era il mese di dicembre del 1973, una sera mio padre ( il mio migliore amico ) tornò a casa con una radice di erica arborea, parecchio più grossa di un pallone da calcio, era bellissima, li incominciarono i sogni. Natale festa tanto attesa non tanto per il panettone ma per il regalo e i giorni di vacanza, dove avevo già preparato un programma sulla più attesa attività da svolgere , “ la prima pipa “.
Pacchi regalo sotto l’albero, guai a toccarli, e più volte con mio fratello si cercava di scoprire il tanto atteso contenuto, si discuteva sul “ il mio pesa più del tuo, si ma il mio è più grosso di dimensioni ” e si finiva per bisticciare. Finalmente la sera del 24 prima di cena si aprono i regali, il mio pesava di meno, era più piccolo di dimensioni, ma il contenuto: un libro, ma non uno qualunque, UN VERO MANUALE SULLA PIPA ED IL TABACCO, trattava la lavorazione della radica, del bocchino delle dimensioni della pipa, “allora enormi”, la Divina Commedia della pipa. Letto in tre giorni. Una sera misi la radica in una scatola di cartone, la mattina con il primo treno delle 6 andai a Scigliano, dal caro amico Falegname Don Armando, nobile Famiglia soprannominata i ( Sarsali ) quella mattina il mio amico se la prese comoda arrivò alle 09,00 al lavoro, e dopo aver brontolato per c.ca 10 minuti, per togliermi dai piedi tagliò con grande precisione i mattoni di radica, tornato a casa incominciai a mettere in pentola le pregiate placche, acceso il camino per il primo trattamento tecnico, doveva bollire 18 ore, come da manuale, per me erano troppe, il problema più grosso era mantenere acceso il fuoco tutta la notte, mi addormentai sulla sedia vicino al camino, al mattino l’acqua era ancora bollente, e li sarebbe dovuta iniziare la fase di stagionatura, una eternità, impossibile aspettare due anni, controllavo la radica bollita almeno ogni 2 giorni, era inverno, non asciugava mai. Una volta alla settimana mia mamma faceva il pane, cottura nel forno a legna, il mio compito era il taglio della legna e la preparazione del forno.
Prima di infornare il pane “ il capo “ testava la temperatura del forno buttando la farina nel centro, se bruciava si passava uno straccio imbevuto di acqua fredda, raggiunta la temperatura perfetta le ciambelle bianche venivano destinate alla cottura. E li che venne la brillante idea della stagionatura accelerata, erano trascorsi tre mesi dalla bollitura, la radica era asciutta, tolto il pane buttai le placche nel forno.
Rimasero li tranquille per 4 giorni, erano asciutte, perfette, avrò consumato due matite e forse tre gomme per riuscire ad ottenere il disegno della pipa sul pezzo di radica, finalmente iniziò la lavorazione, con attrezzi di fortuna, foro del fornello, eseguito con una trivella, che utilizzava mio Padre sulle traverse di legno per fare il foro dove avvitava i bulloni per fissare i binari, doveva seguire il foro della sede bocchino acquistato dal tabaccaio, in ebanite, l’innesto non era cilindrico quindi il secondo foro aspettò qualche giorno, andava reso perfettamente cilindrico, con una punta da diam. 9, con un trapano a manovella, praticai un foro su di un pezzo di legno, che serviva per calibrare il perno del cannello, non potevo farlo direttamente sulla pipa, se l’innesto diventava più piccolo del foro, buttavo via il bocchino pagato 50 lire.
Nonostante le difficoltà incontrate con il bocchino e la gestione del trapano a mano, i fori erano finiti, quello di collegamento con il fornello non era proprio centrato ma poteva andare, quello del cannello era perfetto, “ quasi “ montai sul seghetto di legno la lama sottile che permetteva di fare tagli curvi, la morsa di legno non era il massimo ma era quello che avevo, il terrore di sbagliare i tagli era grande quindi passavano i giorni per trovare il momento buono di rischiare.
Con una raspa ormai consumata passai alla fase di modellatura della pipa, non so quanti giorni passarono, ma prima di arrivare alla cartavetro passò qualche settimana, dovevo studiare , gli esami di terza erano vicini , ma finalmente arrivai alla fine, non avevo nulla per lucidarla se non la cera d’api che ricavava mio Padre dai residui del miele, il risultato era buono, la pipa era finita, uno splendore, la pipa più bella del mondo.
Per almeno tre giorni tutto l’istituto scuola media di Calvisi , parlava della mia pipa tanti volevano provarla a fumare “ Io compreso “, dopo qualche settimana arrivò il momento, rubai una sigaretta a mio Padre, Una Nazionale senza Filtro, infilato il tabacco nel fornello come da manuale, fase accensione con fiammifero, lunga aspirazione, conseguente tosse da buttare fuori i polmoni, “ la pipa non funziona “ o forse io come fumatore non andavo, ambedue le risposte non mi andavano bene.

Il Grande Maestro
Finita la scuola media, promosso “ nonostante il tempo dedicato alla pipa “ durante le vacanze nasce la seconda e la terza pipa, le creazioni più belle del mondo, “ secondo me “ incominciarono gli studi, Istituto Tecnico di Stato a Cosenza, Il mio obbiettivo era di fare l’elettrotecnico, andavo in città con il treno, oltre 30 minuti di viaggio, sempre con la mia prima creazione nel taschino della giacca.
Un giorno aspettando il treno di rientro, la mia pipa sempre in evidenza “ come oggi “ si avvicina un signore che fumava la pipa e mi dice: Alla tua età fumi già la pipa?
Le fabbrico, e qualche volta la fumo
Mi fai vedere la tua pipa?
Contento di presentare il mio gioiello ad un intenditore, passai l’oggetto all’anziano fumatore, la guardò con attenzione, con occhio da esperto, e dopo innumerevoli smorfie mi dice
Questa non è una pipa, è un pezzo di legno bucato!
Buttò la mia pipa in mezzo ai binari, in quel momento credo che tutti i Santi che aspettavano il treno per rientrare in paradiso vennero in soccorso per salvarmi dallo svenimento, dall’umiliazione, dalla rabbia e da tutto quello che in quel tragico momento poteva accadere.
Raccolto il mio oggetto prezioso, un po ammaccato dalla caduta, lo rimisi in tasca, il vecchio che si era reso conto del mio stato d’animo, si avvicino e mi disse: La tua pipa è pessima, ha un sacco di difetti ed imperfezioni di tutti i generi, non ti offendere ma quella roba non vale nulla.
Probabilmente l’umiliazione non era sufficiente e pensò di dare la seconda mano.
Non mi toglieva gli occhi di dosso, dopo qualche minuto mi disse:
Senti ragazzo, come ti chiami, Lucio, risposi, e per educazione chiesi: e Tu?
Mi chiamo Giuseppe, ma puoi chiamarmi Beppe come fanno tutti, senti la tua pipa fa veramente schifo, mi dispiace che te la sei presa così tanto, ma se vuoi ti faccio vedere come si fa una pipa, una pipa vera, domani non andare a scuola ti vengo a prendere qui alla stazione e ti porto con me. Risposi: Ci penso,
Io comunque ti aspetto qui alla stazione, a che ora arriva il tu treno,
Alle sette e 30,
Parlammo ancora, mi invitò a prendere un gelato, finalmente arrivò il mio treno salutai Beppe
Ciao, ci vediamo domani,
Allora hai deciso di venire con me? Bene a domani Lucio.
Il Pomeriggio passò fra la confusione e postumi dell’umiliazione subita, non ebbi il coraggio di tirare fuori la mia pipa, la misi in un cassetto insieme alle altre.
La notte passò e finalmente il treno arrivò “ con 5 minuti di ritardo “
Arrivai alla stazione di Cosenza alle 06,40, Beppe non c’era, neanche il suo odore di tabacco, non vedendolo pensai : mi ha preso in giro!
Dopo 5 lunghi minuti di attesa, rassegnato dal “ bidone “ mi incamminai verso la fermata del bus per andare a scuola, all’uscita della stazione in una Ape Car che fumava quanto la pipa che aveva in bocca al conducente, l’abitacolo del veicolo era talmente invaso dal fumo da non vedere il volto di chi cera d’entro, mi avvicinai, l’odore del tabacco arrivava fuori dal veicolo, riconobbi Beppe solo dal profumo del suo tabacco.
Bussai al vetro,
Allora cosa aspetti a salire ragazzo,
Salii.
Buon Giorno Beppe,
Ciao,
il veicolo partì, una fumata incredibile, un rumore infernale, dopo mezzora di strada, percorsa a 30 all’ora, arrivammo in paese, mi invitò a fare colazione con lui, io presi latte e cioccolato, e due biscotti, lui un caffè e 2 bicchieri di Cognac.
Dopo 10 minuti di pausa, risalimmo su veicolo spaziale, che in salita non raggiungeva più dei 15 allora, arrivammo in un vecchio enorme fabbricato, disposto su due piani, di seguito una enorme tettoia, li c’era fumo, nuvole di vapore, un rumore infernale di macchine, entrammo sotto la tettoia, sgrido i primi due operai che tiravano fuori da una vasca d’acqua bollente dei sacchi di iuta pieni di pezzi di legno.
Lucio Guarda bene, li viene bollita la radica per c.ca 20 ore,
entrammo in segheria, dove 6 persone in un soppalco tagliavano degli enormi blocchi di radica, con delle seghe circolari, li non sgridò nessuno.
Entrammo nel fabbricato dove c’erano le macchine, una ventina di banchi con delle mole a nastro, tutte accese, tutte donne e qualche uomo che sorvegliava sulle attività di molatura, entrammo in ufficio, avrebbe dovuto essere un ufficio ma era una enorme confusione tra polvere carta buttata sui tavoli, al fondo una anziana signora, di c.ca 200 Kg. Che mi disse:
Tu sei Lucio?
Si , Buon Giorno signora,
Sono Marta,hai fatto colazione?
Si Grazie Sgnora Marta
Parlammo un po, e dopo qualche minuto Beppe urlando mi disse:
Allora sei venuto qui per chiacchierare?
Trattalo bene, è un bravo ragazzo, disse La moglie,
Li iniziò la trasfusione di informazioni sulla pipa. Quel posto sembrava l’inferno fra rumore, cattivo odore, fumo ecc.
Beppe e Marta abitavano al piano di sopra, Pranzammo insieme a Marco e Ada, i due figli molto più grandi di me, dalla roba che aveva preparato per il pranzo, giustificai le dimensioni di Marta.
Alla sera mi riaccompagnò alla stazione, avevo polvere di radica dappertutto, ero stanco morto, preoccupato per aver tagliato un giorno a scuola, e l’indomani il programma non sarebbe cambiato.
Durò 3 giorni la storia, e sulla pipa ne sapevo davvero molto, mi resi conto che la mia pipa non era proprio il massimo, Beppe , soddisfatto di aver iniziato a costruire un nuovo piparo invece di una pipa, mi portò alla stazione e mi consegnò un pacchetto dicendomi:
Quando ai finito ritorna da me per vedere cosa hai combinato, il grosso del lavoro è già fatto, adesso tocca a te, Ringraziai Beppe con una lunga stretta di mano.
Sul Treno aprii il pacchetto, conteneva tre abbozzi , uno per pipa dritta, due per pipe curve, fori del fornello perfetti, bocchini già montati con una precisione da Rolex , “ Beppe sei grande “.
Dai tre abbozzi dopo qualche mese di lavoro vennero fuori le tre meraviglie del mondo, non avendo attrezzatura una volta alla settimana ( dopo la scuola ) andavo da Beppe a portare avanti il lavori e a raccogliere preziosi consigli, arrivarono le vacanze, andai a lavorare da Beppe, ogni giorno il mio background tecnico sulla pipa aumentava, la manualità per gestire la radica cresceva giorno dopo giorno.
Erano ormai tre anni che frequentavo il Grande Maestro, ed un bel giorno mi disse:
Adesso che conosci la pipa puoi iniziare a fumarla. E così iniziò l’università del fumo.
Trasferito a Torino nel 1977, dove tra lavoro e studi ho continuato a produrre le pipe, comprando gli abbozzi da Beppe.

PIPA OPERA PRIMA

PIPE NR. 4 e 5 by Beppe / Lucio

42 anni di storia,